Calda, liquida e fredda: modalitĂ conosciute e alternative in via di sperimentazione nei processi di cremazione.
Accanto alla tradizionale “cremazione calda” da qualche anno stanno lentamente avanzando due nuovi concetti di cremazione: la resomation, e ancor più recentemente la cryogenation. Vediamo di che si tratta.
La cremazione “calda”
La cremazione, secondo alcuni dizionari, è la pratica di ridurre, tramite il fuoco, un cadavere nei suoi elementi base (gas e frammenti ossei calcinati). Più tecnicamente la cremazione è un processo di mineralizzazione del cadavere ad alta temperatura, dove il feretro è posto nella camera di combustione primaria ad una temperatura tra 300 e 800 °C, con punte superiori. Il crematorio è qualunque apparato tecnico utilizzato in modo ciclico discontinuo per la sola cremazione, a condizione che i prodotti che si generano siano ceneri di parti o dell’intero corpo umano. Molti credono che la cremazione produca subito delle ceneri, in realtà non è così, poiché derivano dalla frantumazione, attuata in genere con procedimenti meccanici, dei frammenti ossei calcinati raccolti a processo avvenuto. Eventuali parti metalliche (protesi, occhiali, viti, ecc.) vengono separate dalle ceneri con processi meccanici per essere poi avviate, seguendo la legislazione, a fusione per il recupero delle sostanze ivi contenute. La durata di una cremazione nei moderni impianti può assumersi da un minimo di 1,5 a un massimo di 3 ore.
L’impianto di cremazione è costituito da:
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 “camera di combustione primaria”: la camera nella quale viene inserito il feretro;
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  “camera secondaria o di post-combustione”: il volume destinato all’ossidazione dei prodotti della combustione provenienti dalla camera primaria;
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   zona di raffreddamento e mineralizzazione delle ceneri;
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   zona di scarico ed evacuazione delle ceneri. In questa zona è previsto un sistema di raccolta delle ossa calcinate.
Resomation o cremazione “liquida”
Nel processo di resomation (detta anche cremazione liquida) il corpo viene introdotto privo di bara, in un contenitore di materiale particolare a base di proteine (lana, seta, pelle). Poi, attraverso un processo a media temperatura (tra 150 e 185°C) e alta pressione, viene dissolto in una soluzione calda di idrossido di potassio. La durata del processo di resomation può essere valutata in 3-4 ore.
Le parti che non possono sciogliersi (come le protesi metalliche), essendo rifiuti, possono essere separate e avviate a recupero, mentre il fluido viene rilasciato nelle acque di scarico e i residui frammenti ossei che non si sciolgono vengono estratti e ridotti in polvere attraverso processi meccanici. In termini di peso le polveri così rinvenibili sono analoghe a quelle di un normale processo di cremazione e cioè attorno al 4% del peso corporeo iniziale del defunto.
Non è ancora stato studiato l’effetto sull’ambiente dei fluidi di scarto del processo di idrolisi alcalina su sistemi fognari come quelli italiani (per natura e calcolo ridotti rispetto a quelli in funzione negli USA) e se ogni impianto debba o meno dotarsi di un depuratore specifico prima della immissione di detti fluidi in fognatura.
La resomation è già operativa in alcuni Paesi con circa 20 impianti in funzione, soprattutto negli USA (fonte: GEM Matthews, 2016) e su piccola scala è utilizzata per lo smaltimento dei rifiuti medici (fonte: Die Presse, 2010)
Cryomation o cremazione “fredda”
La cryomation (detta anche cremazione fredda) è un processo che, attraverso l’utilizzo della tecnica del freddo ottenuto con un trattamento di azoto liquido a -196°C, attua una sorta di liofilizzazione del cadavere, introdotto, con una bara particolare, nella camera fredda. Il corpo così raffreddato si secca diventando solido e fragile. Successivamente, con l’utilizzo di vibrazioni indotte da apposite apparecchiature e/o sottoponendolo a pressioni controllate che sfruttano tale fragilità , viene ridotto in frammenti o in polvere. Come per la cremazione la riduzione in ceneri deriva dalla preventiva separazione dai residui metallici e dalla riduzione volumetrica dei frammenti con l’uso di apposite macchine. La durata del processo di cryomation si può stimare (mancando riscontri reali) in circa 4 ore.
Secondo Elisabeth Keijzer (University of Groningen, Environmental impact of funerals Life cycle assessments of activities after life, 2011) “il processo di cryomation non è ancora pienamente operativo, anche se in via sperimentale tutti i vari passaggi sono stati testati.Tuttavia non sono ancora stati testati sugli esseri umani, ma solo su carcasse di suini e attualmente non esiste ancora un cryomator funzionante”….“Un altro punto sottovalutato è che la cryomation standard riduce il corpo a un terzo del suo peso originale” (mentre con cremazione tradizionale arriva al 4%), ma “gli inventori del processo hanno sviluppato un processo aggiuntivo che riduce ulteriormente i resti di un ulteriore 30%”. In questo modo si stima che con l’applicazione di entrambi i processi il corpo si riduca attorno al 20% del suo peso iniziale. A questo occorre aggiungere circa un terzo del peso iniziale della bara e quindi non meno di ulteriori 15 Kg. Pertanto, ipotizzando un corpo di 65 kg., il risultato totale del processo di cremazione fredda, è di circa 30 Kg. di “prodotto” per ogni operazione svolta.
In conclusione, la cremazione “calda” – la metodologia attualmente piĂą diffusa e in costante crescita – si avvale di una tecnologia matura, con livelli di inquinamento conosciuti e controllati, sottoposti a limiti nella maggior parte del Paesi, compresa l’Italia. Gli impianti di cremazione nel mondo sono nell’ordine delle diverse migliaia e di oltre mille unitĂ nella UE. In Italia sono stimati, a fine 2017, in quasi ottanta (con una tendenza media di 2-3 ulteriori nuovi impianti all’anno).
La cremazione liquida è una tecnologia recente, con una ventina di applicazioni soprattutto negli USA. Non è legalmente possibile applicarla con l’attuale legislazione italiana.
La cremazione fredda è una prospettiva di tecnologia applicabile, ma senza ancora alcuna realizzazione pratica a nostra conoscenza. Nonostante gli sforzi dei sostenitori, si tratta ancora di un processo da industrializzare. Non è legalmente possibile applicarla con l’attuale legislazione italiana.
La cremazione liquida è una tecnologia recente, con una ventina di applicazioni soprattutto negli USA. Non è legalmente possibile applicarla con l’attuale legislazione italiana.
La cremazione fredda è una prospettiva di tecnologia applicabile, ma senza ancora alcuna realizzazione pratica a nostra conoscenza. Nonostante gli sforzi dei sostenitori, si tratta ancora di un processo da industrializzare. Non è legalmente possibile applicarla con l’attuale legislazione italiana.
Le criticità nel nostro Paese sono dovute principalmente a carenze pianificatorie, difformità nelle procedure e nei limiti d’inquinamento ammessi, controlli per taluni aspetti ridondanti e per altri migliorabili. Dopo oltre 15 anni non è ancora stata emanata la normativa sui crematori e bare prevista dall’art. 8 della Legge 130/2001. Per questi motivi sarebbe auspicabile concentrare gli sforzi, nel breve e medio termine, nella individuazione di specifiche azioni concernenti la tecnologia esistente e maggiormente diffusa. E, piuttosto che opporsi a priori ad essa, sarebbe necessaria un’azione di controllo e al tempo stesso di rassicurazione circa l’effettiva pericolosità di queste istallazioni per le persone e per l’ambiente. Al contempo, prima di orientarsi verso queste innovazioni, sarebbe utile aprire alla possibilità , previa specifica deroga normativa, di sperimentare nel medio termine soluzioni alternative, in ambiente controllato.LE NUOVE FRONTIERE DELLA CREMAZIONE
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